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La “mediazione penale” in ambito ambientale dopo la riforma della l. 68/2015: il procedimento delle prescrizioni e gli istituti ripristinatori

The “criminal settlement” for the environmental crimes after the reform of the Law N. 68 of 2015: the diversion procedure and other restorative measures
gerri-gambino_circle_berlin_2016
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Abstract

Il diritto penale ambientale, ad alcuni anni dalla riforma della l. 68/2015 sugli “ecodelitti”, si presenta come un sistema sanzionatorio composito, ove, accanto a una disciplina marcatamente punitiva, si pongono una serie di istituti di natura riparatoria e ripristinatoria – definibili di “mediazione penale” – volti a garantire una pronta reazione dell’ordinamento rispetto alle offese ai beni giuridici tutelati e un contestuale effetto deflattivo e di favore per l’autore del fatto.

The environmental criminal law, a few years after the reform of the Law N. 68 of 2015 on “eco-crimes”, is made of a system of heterogeneous penalties, both punitive and restorative. The provision of restorative sanctions for environmental crimes, including remediation, could be defined as a model of “criminal settlement”, aimed to ensure a fast reaction against offences to the environment and, at the same time, to determine a reduction of criminal proceedings for “green” crimes and to benefit the accused person.

 

Sommario

1. Premessa. Tendenze e controtendenze della riforma della l. 68/2015 in tema di “ecodelitti”

2. La procedura delle prescrizioni (Parte Sesta-bis d.lgs. 152/2006): l’oblazione ambientale

3. Il ravvedimento operoso

4. La confisca per i delitti contro l’ambiente

5. Il ripristino dello stato dei luoghi

6. Conclusioni

 

Summary

1. Introduction. Trend and countertrend in the reform of the Law N. 68 of 2015 on “eco-crimes”

2. The diversion procedure for environmental crimes (Section Sixth-bis of Legislative Decree No. 152 of 2006)

3. The voluntary collaboration

4. The seizure for “eco-crimes”

5. The restoration of the environment

6. Conclusions

 

1. Premessa. Tendenze e controtendenze della riforma della l. 68/2015 in tema di “ecodelitti”

La riforma del diritto penale dell’ambiente introdotta dalla l. 68/2015 (recante «Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente») rappresenta un vero e proprio turning point nella politica legislativa in materia penale a tutela del bene ambiente, destinata a segnare, in maniera presumibilmente irreversibile, l’inizio di una stagione di contrasto “senza frontiere” alla criminalità “verde”, attraverso il ricorso a strumenti di maggiore incisività rispetto al tradizionale catalogo contravvenzionale del d.lgs 152/2006 (d’ora in avanti TUA)[1].

La novella legislativa del 2015 si è caratterizzata, anzitutto, per un deciso potenziamento dello strumentario penale a disposizione degli uffici requirenti, attuato mediante la costruzione di un “pacchetto” di nuove fattispecie incriminatrici preordinate alla tutela in via diretta e immediata dell’ambiente, inserite nel Titolo VI-bis del Codice penale, pensate per colpire con particolare rigore i fatti maggiormente offensivi dell’oggettività giuridica tutelata[2].

Al contempo, il legislatore ha parzialmente moderato l’afflittività e l’incisività dei nuovi “ecodelitti” con la previsione di una serie di istituti di matrice riparatoria-ripristinatoria, tutti finalizzati a garantire, secondo schemi e modelli differenziati, l’eliminazione o, comunque, l’attenuazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dalla commissione dei green crimes, che risultano oggi dislocati in un sistema sanzionatorio “ibrido”, contravvenzionale e delittuoso, diviso tra la legislazione di settore (TUA e leggi speciali) e la più classica codificazione penalistica di “parte speciale”.

Tale approccio “in controtendenza”, seppur in forma meno pronunciata, si ravvisa non soltanto in relazione ai profili di responsabilità individuale per i reati ambientali, ma anche per quanto riguarda i profili di responsabilità collettiva degli enti, nell’ambito di un sistema sanzionatorio come quello del d.lgs. 231/2001 ontologicamente innervato di una componente riparatoria e riorganizzativa, quantomeno in chiave di contenimento del rimprovero verso la societas.

Sembra dunque delinearsi, in via di prima approssimazione, un quadro di tutela penale dell’ambiente ispirato, ancorché parzialmente, ai canoni della giustizia riparativa, all’insegna di un modello dinamico di “mediazione” tra Stato e autore, individuale e metaindividuale, dell’illecito ambientale.

Il presente contributo intende fornire un quadro sintetico dei principali strumenti di “mediazione ambientale” presenti nell’odierno ordinamento penale, fornendone una lettura in una prospettiva “negoziale”, al fine di evidenziarne gli effetti benéfici che da essi derivano alle politiche di contrasto della criminalità ambientale e, ove opportuno, al fine di segnalarne i possibili profili di miglioramento, pur sempre entro i limiti di una risposta afflittiva proporzionata.

 

2. La procedura delle prescrizioni (Parte Sesta-bis d.lgs. 152/2006): l’oblazione ambientale

Si inscrive a pieno titolo – rappresentandone forse l’attore protagonista – nel contesto della “mediazione ambientale” implementata in ambito penale dalla riforma del 2015, la normativa della Parte Sesta-bis TUA (artt. 318-bis–318-octies), recante la «Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale», che pone la disciplina della procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali, comunemente nota come “oblazione ambientale” [3].

La procedura, finalizzata, come per l’archetipo codicistico dell’oblazione, all’estinzione delle sole contravvenzioni, per di più previste dal solo TUA, è modellata sul prototipo già sperimentato con successo nel settore della sicurezza sul lavoro (“oblazione amministrativa” dell’art. 301 d.lgs. 81/2008, che opera un rinvio integrale agli artt. 20 ss. d.lgs. 758/1994) ed è articolata su un meccanismo “trifasico” di prescrizione, adempimento e pagamento in sede amministrativa, preordinato a determinare, in un’ottica al contempo deflattiva e riparativa, una conclusione anticipata del procedimento penale, tipicamente in fase di indagini preliminari[4].

L’oblazione ambientale, pur congegnata per derivazione dal paradigma prevenzionistico, riposa su presupposti normativi parzialmente differenti e, anche considerate le peculiarità della normativa ambientale, costituisce ancora oggi – a distanza di sette anni dalla sua introduzione – una disciplina tutt’altro che “lineare” ed esente da incognite applicative.

Il clima di disorientamento interpretativo che ha accompagnato l’inserimento di tale speciale procedura alternativa ha innescato, fin dagli esordi della normativa, un corposo processo di produzione documentale – linee guida, protocolli, circolari e indicazioni operative emanate dalle Procure della Repubblica e dagli organi di vigilanza e controllo in materia ambientale, aventi valore di soft law – volto a sciogliere i numerosi profili critici che un legislatore disattento e frettoloso ha riversato nella Parte Sesta-bis TUA[5].

Recentemente, l’importanza dell’oblazione ambientale è tornata alla ribalta nel documento emesso dal SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente), recante una nuova versione delle Linee Guida per l’applicazione della procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali, aggiornate ai più recenti sviluppi giurisprudenziali e alla luce dell’esperienza operativa accumulata in tali anni dagli enti preposti all’avvio e al monitoraggio del “procedimento delle prescrizioni”[6].

Il documento rappresenta un’organica illustrazione dei vari profili della procedura di oblazione ambientale e, in una prospettiva marcatamente pratica, indica altresì i criteri-guida generali per la valutazione degli effetti e dell’entità delle conseguenze ambientali dei reati e un elenco delle prescrizioni-tipo per l’estinzione delle principali contravvenzioni ambientali, proponendosi come essenziale strumento di lavoro per gli operatori degli organi di controllo e come documento interpretativo di riferimento per i soggetti (difensori, imprese, consulenti) coinvolti a vario titolo nell’applicazione della procedura di estinzione[7].

La procedura di oblazione ambientale, letta in una prospettiva di politica legislativa, coniuga i tratti tipici degli istituti di “mediazione penale”, dal momento che associa l’effetto benefico per l’autore del reato – l’estinzione della contravvenzione ambientale – alla necessaria e indefettibile (salve ipotesi eccezionali) realizzazione di condotte attive e virtuose di portata riparatoria-ripristinatoria, che aprono le porte alla fase finale discendente della procedura, consistente nel pagamento di una somma pecuniaria “in via amministrativa”.

Il contravventore, da un lato, e il titolare della potestà punitiva, dall’altro, stringono una sorta di accordo di non punibilità dell’illecito penale, condizionato all’offerta di un comportamento fattivo dell’agente, pur modellato nei propri contenuti ex imperio dalla polizia giudiziaria, e colorato da un’immancabile componente sanzionatoria, sebbene all’insegna di una degradazione sul versante amministrativo.

Tale forma di “mediazione penale” è riservata – risultando in tal modo “accettabile” una parziale rinuncia all’esercizio della potestà sanzionatoria statuale – alle sole forme di criminalità ambientale a limitata offensività, tanto sotto il profilo del trattamento edittale della fattispecie incriminatrice, quanto sotto il profilo qualitativo delle conseguenze dannose o pericolose che l’illecito ha prodotto[8].

Lo spazio applicativo dell’oblazione ambientale, anzitutto, è riservato alle sole contravvenzioni previste dal TUA, dovendosi ritenere «escluse le fattispecie illecite previste in fonti normative diverse dal Testo Unico Ambientale (TUA)», tra l’altro «anche nei casi in cui per la determinazione del trattamento sanzionatorio è fatto rinvio a norme penali contenute nel TUA» (ad esempio, in materia di discariche, l’art. 16 d.lgs. 36/2003, in caso di violazioni del divieto di ammissione di determinati rifiuti in discarica, rinvia alle sanzioni penali previste dal d.lgs. 152/2006)[9].

Dal punto di vista della caratterizzazione sanzionatoria, ancora, l’interpretazione oggi dominante ritiene pacificamente assoggettabili alla procedura le contravvenzioni punite con pena pecuniaria esclusiva e, per converso, considera unanimemente escluse le contravvenzioni punite con la sola pena detentiva. L’epilogo estintivo e “mediato” – secondo l’approccio prevalente, riconosciuto dalle stesse Linee Guida SNPA – è ammesso per le contravvenzioni punite con pena alternativa, laddove non è considerata invece esperibile l’oblazione speciale in caso di contravvenzioni punite con pena congiunta, che scontano un trattamento sanzionatorio di maggior rigore, evidentemente ritenuto ostativo a un esito liberatorio per il contravventore e non disponibile da parte degli organi requirenti attraverso una soluzione “transattiva” con l’autore.

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[1] Per un’analisi sistematica sull’approccio legislativo in materia penale ambientale, dalle contravvenzioni del TUA ai nuovi delitti codicistici, cfr. Ruga Riva, C., L’inquinatore nuovo tipo di autore?, in Riv. it. dir. proc. pen., 2020, 2, 1081 ss. In tal senso, si veda una completa analisi dell’apparato contravvenzionale del TUA in Fimiani, P., La tutela penale dell’ambiente, Milano, 2015.

[2] Per una panoramica sulle nuove fattispecie di reato introdotte dalla riforma, si rinvia all’ampia trattazione sugli ecodelitti contenuta in AA.VV., Il nuovo diritto penale dell’ambiente, Cornacchia, L., Pisani, N. (a cura di), Bologna, 2018, 89 ss.

[3] Per un primo commento alla procedura di oblazione ambientale, all’indomani della sua introduzione nel TUA, cfr. Amoroso, M.C., La nuova procedura estintiva dei reati contravvenzionali previsti dal d.lgs 152/2006. Quali direttive per gli organi accertatori?, in Dir. pen. cont., 5 novembre 2015; Carollo, S., La disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale: luci ed ombre del nuovo procedimento estintivo delle contravvenzioni del T.U.A., in Il nuovo diritto penale ambientale, Manna, A., (a cura di), Roma, 2016, 177 ss.; Franzin, D., Ipotesi di non punibilità «condizionata» tra «vecchio» e «nuovo» diritto penale dell’ambiente, in AA.VV., Il nuovo diritto penale dell’ambiente, cit., 315 ss.; Lo Monte, E., L’estinzione delle contravvenzioni nella nuova parte VI-bis del testo unico dell’ambiente: ancora un esempio di “normativa rinnegante”, in www.lalegislazionepenale.eu, 11 gennaio 2016. Per alcune considerazioni di taglio più eminentemente pratico, si veda Serlenga, A., Legge n. 68/2015: la nuova procedura di estinzione del reato ambientale, in Amb. & svil., 2016, 6, 419 ss.

[4] Fimiani, P., L’estinzione delle contravvenzioni ambientali nella nuova parte sestabis del Dlgs 152/2006, in Riv. rif., 2015, 230. Per quanto riguarda la preclusione processuale all’esperimento della procedura, si segnala l’importante, seppur discutibile, intervento di Corte cost., 13 novembre 2020, n. 238, in Cass. pen., 2021, 2, 520 ss., con commento critico di Riccardi, M., L’irretroattività “attenuata” della procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali, tra procedimento e processo. La deflazione “vince” sulla riparazione?

[5] Per un esame delle principali criticità interpretative, Fimiani, P., Gli aspetti problematici nel sistema di estinzione dei reati ambientali previsto dal titolo VI-bis del T.U.A., in Lexamb. – Riv. trim., 2019, 4, 22 ss.

[6] Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, Linee Guida SNPA per l’applicazione della Procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali, ex parte VI-bis D.Lgs. 152/2006 – Aggiornamento 2021, Linee guida SNPA n. 38/2022, 20 dicembre 2021, reperibile in www.snpambiente.it (nel seguito, per brevità, LG SNPA) Il documento costituisce l’aggiornamento degli originari Indirizzi per l’applicazione della procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali, Gruppo di lavoro nazionale ISPRA/ARPA/APPA n. 61 – Area 8, 29 novembre 2016, emanati dal SNPA, per cui si rinvia al commento di Guglielmi, G., Montanaro, R., Ecoreati: commento alle linee di indirizzo del Consiglio Federale SNPA per l’applicazione della procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali, in Resp. amm. soc. enti, 2017, 3, 67 ss. Per ragioni di comodità espositiva, il documento delle Linee Guida sarà citato nelle successive note a piè di pagina con la dicitura “LG”, seguita dal paragrafo di riferimento (§.).

[7] Per un primo commento sistematico alle Linee Guida SNPA 2021, sia concesso il rinvio a Chilosi, M., Riccardi, M., La procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali nelle Linee Guida SNPA (2021). Analisi sistematica e spunti di riflessione, in Perc. pen., 2022, 2, 91 ss.

[8] Il testo dell’art. 318-bis TUA, sul punto, dispone laconicamente che la procedura si applica alle «ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette».

[9] LG SNPA, 2021, §.2.1.1.